Manufacture d’Armes de Saint-Etienne M.le 1936

Manufacture d’Armes de Saint-Etienne M.le 1936

Vecchio articolo, pubblicato sulla rivista Diana Armi, dedicato ad uno dei più longevi, per adozione, fucili da fanteria ad otturatore girevole-scorrevole. Pubblichiamo il testo così come apparse tanti anni fa.

Nell’immaginario collettivo, anche grazie ad una vulgata narrativa e cinematografica precisamente orientata, la prima Guerra Mondiale fu solo una guerra di posizione, combattuta essenzialmente da artiglieri e fanti. Il ritratto che ne viene fuori, pur giustificato in una certa misura, non è tuttavia completamente realistico e, in verità, vi furono vicende d’armi che lasciarono ampio spazio alla manovra di grandi e piccole unità, con risultati in certi casi sorprendenti. Dallo studio di queste vicende nacquero, dopo la fine delle ostilità, numerosi tentativi volti a rinnovare tattiche ed equipaggiamenti dell’Arma di Fanteria, su cui si continuavano a riporre speranze che, secondo alcuni storici, non erano completamente giustificate soprattutto in riferimento alla diffusione di nuove specialità marziali che, negli anni a venire, avrebbero fatto sentire il proprio peso sia in ambito tattico che in ambito strategico. La nascita del MAS M.le 1936 può dunque essere ricondotta entro questo scenario e rappresenta il tentativo “pratico” francese di dotare i propri soldati di un’arma più moderna dei fucili “8mm”tipo 1892, 07-15 e 1916.

di G.Tansella ed A.Wicks

La scelta dell’aggettivo “pratico” e della punteggiatura virgolettata non è tuttavia casuale: gli scienziati della guerra francesi pensavano da anni ad un aggiornamento dell’armamento individuale dei fanti ma i risultati a cui erano approdati non erano stati completamente soddisfacenti: fucili semi-automatici come il Meunier A6 M.le 1916 cal. 7 x 59 o l’RSC cal.8mm M.le 1916, affiancato da fucili mitragliatori come il CSRG 1915 “ FM Chauchat” erano, agli occhi dei tecnici di allora, realizzazioni tanto lungimiranti quanto imperfette sotto il profilo funzionale. Il MAS 1936 e il fucile mitragliatore M.le 1924-29, che utilizzavano l’eccellente munizione “1929C”, diedero invece risultati incoraggianti in prova e su di essi ricadde la scelta degli alti comandi francesi in vista di una profonda riorganizzazione dei reparti della famosa “Armèe de Terre”. A dispetto delle intenzioni – l’adozione ufficiale è del 17 Marzo del 1936 –  le consegne ai reparti avvennero però con grande lentezza. Numerose sono le testimonianze storiografiche che riportano la presenza del MAS 1936 nei teatri di scontro più impegnativi del pianeta, dalla regione sahariana al sud-est asiatico, dalla Scandinavia all’Africa equatoriale, spesso nelle mani di soldati appartenenti a truppe scelte, come la famosissima “Legion Etrangere” (lett. “Legione straniera”).

Il MAS M.le 1936 ebbe dunque più vasta diffusione nel dopoguerra e, pur con i suoi limiti, si comportò più che dignitosamente nei cinquant’anni a venire, a prova del fatto che l’arma principale del soldato è, prima di tutto, il soldato stesso. Venne ritirato ufficialmente dal servizio nel 1980 ma pare che alcuni esemplari sopravvivano ancora nei magazzini della Gendarmerie.

L’ARSENALE DI PRODUZIONE

La “Manufacture d’Armes de St.Etienne” (lett. Manifattura d’Armi di S.Stefano) faceva parte di un complesso industriale strategico, di proprietà dello Stato francese, volto alla progettazione e produzione di armamenti terrestri, oggi conosciuto con il marchio Nexter. In più di due secoli d’attività questa fabbrica, situata nell’omonima città del sud della Francia,  aveva guadagnato a pieno titolo fama d’essere uno dei maggiori poli europei di fabbricazione d’armi militari e le sue creazioni si può dire abbiano contribuito “a far la storia” del continente: dall’epoca dei moschetti Modello 1777 “Charleville” e successivi  si arrivò, dopo importanti ampliamenti ed ammodernamenti, a produrre i primi fucili francesi standardizzati, gli Chassepot e, in seguito, vennero intraprese produzioni sempre più impegnative, che toccavano la sfera dell’artiglieria terrestre, quella dei sistemi d’arma contro-carro, quella delle protezioni tipo N.B.C. (lett. Nucleare-Batteriologico – Chimico). L’arsenale di cui scriviamo, in particolare, ideò tutta la famiglia d’armi “cal.7,5mm”, partendo dal fucile mitragliatore Modello 24 cal,7,5 x 58 al successivo Modello 1929 cal.7,5 x 54, dal fucile ad otturatore girevole scorrevole M.le 1936 e derivati fino alla mitragliatrice polivalente AAT M.le .52, dai fucili semi-automatici Mle .49 e 49-56  al fucile da tiratore scelto FR-1. Già con la fine della Seconda Guerra Mondiale e dell’esperienza coloniale francese la manifattura era tuttavia entrata in grave crisi, venendo definitivamente dismessa nel 2003. Si chiudeva così, poco più di dieci anni fa, una stagione gloriosa, inaugurata nel 1764 con decreto reale di Luigi XV.

L’IMPOSTAZIONE GENERALE

Sotto il profilo tecnico il “36” può ricordare varie armi diffuse nella prima guerra mondiale come il tedesco Mauser 98 per quanto riguarda il sistema d’alimentazione, l’inglese SMLE n°1 MkIII per quanto riguarda il sistema di chiusura, l’anglo-americano Pattern P17 per il sistema di mira.

Le sue dimensioni sono relativamente compatte, con una lunghezza massima di 102cm senza baionetta ed il peso dell’arma carica con i suoi cinque colpi è pari a 4,2 kg. Si tratta, in sostanza, di quello che una volta veniva definito “fucile corto” e che, dal punto di vista pratico, può essere paragonato al tedesco Mauser 98K o al nostro Carcano mod.38 cal.7,35, armi concepite per la guerra di movimento e caratterizzate da notevole maneggevolezza.

Il MAS, arma a ripetizione ordinaria ad otturatore girevole-scorrevole, è dotato di un sistema d’alimentazione tipo Mauser 98, basato essenzialmente su di un serbatoio fisso che, nel caso specifico, è costituito dal castello.

Tale serbatoio ha una capienza totale di cinque colpi che, inseriti al suo interno, fanno abbassare una rampa d’alimentazione mobile, disponendosi in assetto sfalsato e rimanendo trattenuti all’interno del caricatore da apposite appendici ricavate lungo le pareti laterali del pozzetto, che scongiurano l’uscita dalla finestra superiore.

 

L’inserimento delle munizioni può avvenire utilizzando le classiche lastrine da inserire nell’apposita guida oppure in modo più semplice, con colpi sciolti. Per effettuare la manovra di scaricamento del serbatoio si agisce sull’apposito fondello amovibile che, rimosso, lo libera favorendo la fuoriuscita delle munizioni dalla parete inferiore del castello.

  

Quest’ultimo, al quale è avvitata anteriormente la canna, ospita nella parte posteriore, in sommaria corrispondenza con il supporto della diottra di mira, la guida a tunnel dell’otturatore,  entro la quale sono ricavati, come per gli SMLE n°1 Mk.III, gli scassi per l’alloggio dei tenoni di chiusura dell’otturatore.

Il castello diventa così parte d’arma direttamente interessata nella dinamica di sparo e, come elemento “stressato” del sistema, ha dimensioni e spessori importanti, tali da aver suggerito l’adozione della particolare calciatura “spezzata”. Tra le varie particolarità dell’otturatore, oltre al posizionamento delle alette, sono degne di nota la grande semplicità costruttiva e di smontaggio ed il posizionamento inconsueto della manetta, piegata sul lato in posizione obliqua avanzata.

  

Altre particolarità è costituita dall’alloggio della baionetta all’interno della calciatura, come fosse una bacchetta di pulizia.

 

LA BOCCA DA FUOCO E LA PARTICOLARE MUNIZIONE IMPEGATA

La canna, che ha una lunghezza totale di 595mm, ha un’anima solcata da  quattro righe sinistrorse con passo di vite costante di 270mm ed è concepita per espellere la palla “1929C” da 139grn in piombo camiciato maillechort a circa 850m/s misurati alla volata. La munizione impiegata, il c.d 7,5 x54, è relativamente simile alla 7,62 x 51 NATO tanto che le due palle hanno medesimo diametro, pari a circa .308”. La lunghezza totale è di poco meno di 77mm ed il bossolo, con solco d’estrazione, ha una lunghezza totale di 54mm ed un angolo di spalla pari a poco più di 24°. In passato non era difficile reperire delle munizioni commerciali ma, attualmente, il ricorso alla ricarica domestica è di fatto un passaggio obbligato.

GLI ORGANI DI MIRA

 

Il mirino, del tipo fisso, è solidale alla canna e protetto dal bocchino metallico, che nei modelli di produzione bellica terminava superiormente con due appendici verticali parallele e, in seguito, venne modificato a formare un anello chiuso di protezione. La diottra di mira, fissata direttamente al castello dell’arma che funge anche da supporto, è costituita da una piastrina ricurva con terminale posteriore piegato di 90°, al quale è praticato il foro di traguardo. Una molla sospinge la piastrina verso l’alto ed un cursore metallico con fermo a molla, che scorre lungo il supporto fresato da un lato, blocca la diottra in posizioni prestabilite, ognuna corrispondente all’indicazione di riferimento della distanza di ingaggio del bersaglio. La regolazione riguarda dunque soltanto l’alzo, che varia dai duecento ai seicento metri, mentre per lo spostamento in deriva è necessario sostituire la diottra, operazione riservata all’epoca alle armerie di reparto. In base al calcolo della parabola del proiettile “1929C” uno spostamento orizzontale di 0,4mm della diottra produce una variazione del punto di impatto pari a 13,5cm a 200m. I set degli armieri erano dunque composti da 25 diottre, in modo tale da poter correggere qualunque difetto dell’arma sottoposta ad azzeramento.

LA CALCIATURA

La calciatura del MAS 1936, rigorosamente in legno, venne realizzata in essenza di noce durante il periodo bellico e in essenza di faggio in quello post bellico. Osservando un’arma si può subito notare che è composta da tre pezzi, montati su di essa per mezzo di viti, appendici metalliche con profili ad incastro, una fascetta metallica centrare ed il robusto bocchino.

Il calcio vero e proprio ha impugnatura a pistola con base a coccia piatta e, oltre al calciolo metallico, è provvisto di uno scasso sul lato sinistro con fermaglio  metallico per la cinghia di trasporto.

Il pezzo, che possiede forme e dimensioni tali da farlo apparire piuttosto tozzo, ha valori dimensionali e di piega che agevolano presa istintiva, imbracciata e azionamento dell’otturatore senza bisogno di scostare il viso dal dorso della pala. La guardia è formata invece da due pezzi: quello inferiore, che contiene il serbatoio metallico per l’alloggio a  riposto della baionetta in posizione parallela alla canna; quello superiore, che ricopre quest’ultima fino al punto in cui spunta il mirino, protetto dal bocchino.

La finitura dei legni è ad olio e questi, in molti casi, ospitano dei marchi di fabbricazione anche se quelli ritenuti fondamentali sono incisi sul castello, sulla culatta e sulla manopola dell’otturatore.

  

Dopo la guerra, per le truppe aviotrasportate e per gli “Alpin Chasseurs” (lett. “Alpini Cacciatori”), venne ideata una calciatura caratterizzata da una pala parzialmente cava in lega a base d’alluminio in grado di ripiegarsi sotto la guardia grazie ad un perno montato trasversalmente nel punto in cui l’impugnatura si unisce al castello ed i fucili in tale configurazione assunsero il nome di “MAS 1936 CR39”.

IL MAS 1936 AL TIRO

Trovata la giusta formula d’insieme per abbinare al proprio strumento di tiro la munizione migliore è possibile, con il “36”, ottenere discreti risultati nel tiro mirato ma la sua maneggevolezza, derivante soprattutto dalle dimensioni compatte, permette all’utilizzatore di trarre particolare soddisfazione dal tiro da campagna o in cava, dove è possibile cimentarsi in esercizi di tiro dinamico nel senso ampio del termine. Uno dei maggiori punti di forza dell’arma è costituito inoltre dal posizionamento dei comandi, che unito ad un ottimo bilanciamento e ad un disegno ergonomico particolarmente curato agevola i tiri cadenzati, a patto di familiarizzare  con la manovra d’azionamento dell’otturatore. Se ogni strumento di tiro ha una propria, naturale destinazione è altrettanto vero che armi versatili come quella di cui ci siamo occupati, forse meno performanti di altre nel tiro a lunga distanza, permettano tuttavia uno spettro d’utilizzo relativamente ampio, a garanzia di una buona dose di divertimento.

Pubblichiamo, di seguito, una serie di foto tratte da una ricerca nel web di tanti anni fa. Purtroppo non riusciamo più ad individuare la fonte. Si tratta, a nostro avviso, di materiale molto interessante ma siamo pronti, su segnalazione, ad indicare le fonti bibliografiche precise o, al limite, a rimuoverlo.

Tandis que ses camarades contemplent l’ampleur des dégats, un tirailleur du 22e BTA (Bataillon de Tirailleurs Algériens) armé d’un fusil MAS 36 s’est posté dans les ruines d’un petit poste d’observation de la région de Tra Vinh dont la faible garnison a été massacrée et les infrastructures dynamitées ou incendiées.

 

A la suite des combats de Nghia-Lo, lors d’une prise d’armes à Ninh-Giang, le fanion du 3/5 REI (3e Bataillon du 5e Régiment Etranger d’Infanterie), présenté par le commandant Dufour, est décoré par le général de Lattre de Tassigny.

 

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